2.10.06

Periplo del Monte Cusna - Reggio Emilia

 
 
 

Dolci montagne coperte di faggi e castagni sono state lo scenario del giro intorno al Monte Cusna, nell'Appennino Tosco-Emiliano. Sabato abbiamo raggiunto il Rifugio Battisti da Febbio dove siamo tornati il giorno seguente dopo essere passati da Ligonchio e dal Passo della Cisa (non quello dell'autostrada: evidentemente, ne esistono due e questo è molto più bello ve lo assicuro). Poca acqua, tanto lambrusco, prosciutto crudo, salame e gnocco fritto sono stati il carburante offerto da questa zona del Reggiano. Un applauso signori, è arrivato l'autunno!

Per tutte le altre foto, clicca qui

E' l'ora di pranzo quando arriviamo in centro a Febbio: un parcheggio circondato da qualche casa, da un negozio di alimentari e da una vecchia osteria da cui arriva il profumo vivace e traditore del lambrusco. Incominciamo i preparativi con la stessa calma trasmessa da quel luogo, mentre un pallido sole sta lasciando la scena alle nuvole che, spinte dal vento, vanno ad accumularsi vicino alle tonde cime di ignote montagne che faticano a chiudere l'orizzonte. Dall'alto, il solo Monte Cusna mostra carattere. Ci ricorda che siamo li per lui ma non riesce ad essere minaccioso.
E' l'inizio dell'autunno e le castagne, esattamente come noi, hanno cominciato da poco la loro lotta con la gravità. Si sale accompagnati dal mormorio dei ruscelli che si perde tra foglie pronte ad esplodere in vivaci colori ogni volta che un raggio si sole riesce ad incunearsi tra nuvole sempre più grige e veloci: in alto ci aspetta tanto vento ma il pensiero è presto occupato dalla ricerca del giusto percorso. Non è segnalato e si nasconde in un dedalo di stradine e sentieri immerse in un fitto bosco che toglie qualsiasi punto di riferimento. Persi sotto un colle non percorribile in bicicletta, impieghiamo tre ore per coprire i primi cinque chilometri del tragitto: constatata la inutilità delle indicazioni in nostro possesso, la tensione cresce sempre più fino a farci temere di non arrivare prima che faccia buio, ma la voglia di farcela ci porta finalmente sulla strada forestale che in un'oretta sale oltre il limite della vegetazione fino al Battisti.
La sera si cena in compagnia di un professore di matematica fiorentino e di un suo collega russo, parlando di viaggi e prossime destinazioni. Si mangia abbondantemente gnocco fritto, prosciutto nostrano e capriolo. Subito dopo, noncuranti di buio, forte vento, cavallaccia - così chiamano la fitta nuvola che si mette a cavallo delle cime – e lambrusco in corpo, si sale al Passone con tutti gli ospiti del rifugio per gustare vin brulè e cantucci. I cardi sono l’unica cosa visibile lungo il percorso, ammantati dalla nebbia e illuminati dai led della frontale sembrano fatti di lame di alluminio; assieme al rigore del clima consigliano di porre termine a quel sabato sera così poco ordinario. La notte è fredda, il sacco a pelo stretto e il materasso un po' duro ma si dorme bene fino alla sveglia che ha i suoni della musichetta modello tetris del matematico russo. Fa freddo e la cavallaccia c'è ancora ma, almeno, non piove: il buon umore è ovunque e si raccoglie intorno alla stufa a legna che scalda la colazione. La discesa verso Ligonchio è resa suggestiva dalla fitta nebbia che amalgama il verde del muschio, l’odore dei funghi e il giallo della faggeta. La salita al Passo della Cisa è lunga e monotona e resa ancor più dura dal vento freddo che ci impedisce di godere a pieno di uno dei panorami più belli del giro e che offre ai nostri occhi la Pietra di Bismantova in tutta la sua inusuale maestosità.
Lungo la strada abbiamo incontrato tanti volti sorridenti di persone vogliose di comunicare la loro spontaneità, con alcune di loro abbiamo parlato e condiviso qualche momento, con altri abbiamo incrociato solo lo sguardo, ma tutti ci hanno trasmesso serenità; su tutti il signore che ci ha definiti "coraggiosi" a scendere per il sentiero 619 dal Passo della Cisa verso la Peschiera - e quanto aveva ragione! - e il signore che saliva a passo d'uomo verso Ligonchio sulla sua moto d'altri tempi, col suo volto d'altri tempi, e con una totale assenza di fretta decisamente d'altri tempi.