22.6.05

Ferro 3: un film diverso dal solito

Se è un film può essere immaginato come un contenitore di stati d’animo fotografati nel loro mutevole susseguirsi, dobbiamo chiederci se noi spettatori abbiamo il compito si svuotare quel contenitore per possederne emozioni e idee, o se,al contrario, siamo depositari di un compito più alto. E’, infatti, possibile che il regista ci dia un contenitore vuoto da riempire coi nostri stati d’animo, i nostri pensieri e le immagini che la nostra mente ha avuto il desiderio di fotografare. Se così fosse un film potrebbe essere un contenitore per dare libero sfogo alla nostra creatività, e in cui rifugiarci per il tempo che la sua capacità ci consente.

Ferro 3 parla di case vuote: Case-Contenitori della vita dei loro sconosciuti abitanti e specchio fin troppo sincero della vacuità di quelle stesse vite; ma anche Case-Gabbie per quelle vite, intrappolate in attesa che uno sconosciuto apra loro la porta per liberarle.

Ferro 3 parla di un giovane intruso in queste case, in queste vite: per brevi momenti, le abbraccia, le rispetta, le vive meglio dei loro legittimi proprietari.

Ferro 3 parla di una donna che si imbatte in questo intruso e vede la propria porta aprirsi.


Dice il regista:

“Siamo tutti case vuote
e aspettiamo qualcuno
che apra la porta e ci renda liberi”

Qualcuno apre quella porta ma, nel momento in cui rende liberi “Non è dato di sapere se il mondo in cui viviamo è sogno o realtà”.

Film-Contenitore e Casa-Contenitore, scegliamo noi se fare parte del mobilio o se arredare un mondo intero.

Contrapposizioni e contraddizioni: si, in questo momento, le adoro!

Se volete passare 90' minuti diversamente dal solito, non necessariamente meglio, solo diversamente, guardate questo film.